Ho visto troppe buone cause fallire per mancanza di
competenza nel comunicare. (Bill Bernbach)
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Marco sa parlare come un bambino
della sua età. Né più, né meno.
A volte fa interi discorsi che
capisce solo lui. Altre, mi stupisce con risposte alla Gassman.
I bambini sono così, quando un
adulto prova a parlare come loro, proprio non ci riesce. Non fa ridere nessuno.
Imitarli è impossibile: questo è l’unico caso in cui vale solo l’originale. Con
buona pace di tutta la pirateria, che riesce a farti una borsa di Gucci ma non riuscirebbe
mai a contraffare un bambino.
Ogni cucciolo d’uomo ha i suoi
punti di forza e ogni genitore pensa che il modo di parlare di suo figlio sia
il più simpatico al mondo. Meglio di qualunque filmato trovato su You Tube,
meglio di qualunque pubblicità, meglio di qualunque attore di Zelig, se solo
esistesse l’edizione under three.
Mio figlio è un one-man-show.
Mio figlio potrebbe già fare il
protagonista di qualche commedia di Hollywood, peccato che l’inglese non lo mastichi
bene.
Ah, il mio piccolo portento…
quest’anno, a Natale, ha fatto uno sketch tutto suo, con la regia di Mel Brooks
La verità è che, alla fine, noi
genitori siamo il pubblico più bello che ci sia. Loro possono propinarci una
scenetta all’altezza del peggior Boldi e noi giù a ridere come matti. È così: non aspettiamo altro.
Marco fa una cosa
particolarmente divertente, nel fluire delle sue poche parole. Quello di
cambiare magistralmente (dico io) la vocale iniziale. Basta poco, perché il
risultato suoni così bene, che anch’io ho smesso di pronunciare alcune parole
nel loro banale modo corretto. (quando
verrò richiamata da qualche maestra per probabile dislessia, smetterò!)
Alcuni esempi:
La sua amata camomilla è la mammomilla… d’altronde, è o non è la sua
mamma a preparargliela?!
La Luna è stata per molti mesi,
la Tuna.
Lo zio è stato promosso a dio.
La prugna, la trugna.
Il papà, che chiama Guidone, è
diventato Bidone.
Anche la frutta ha dovuto
abbandonare la sua f per una più simpatica t. Ed è diventata la trutta.
Ieri pomeriggio, stavamo
giocando in una piccola piazza pedonale. Al centro c’è una fontana e in mezzo a
questa fontana, spicca una scultura di bronzo, un po’ stilizzata. Sembrava un
uomo che si allunga a prendere qualcosa.
Marco: “Cos’è mamma?”
“Un uomo nudo”, gli rispondo.
Marco: “Un uomo?”
“Eh direi di sì, a vederlo così…
ma leggiamo un po’ cosa c’è scritto su questa targa.
Ah ecco vedi: c’è scritto “Il dio Pan è morto.”
Nella mia profonda ignoranza,
non ho pensato neanche per un secondo di aver placato la sua curiosità, visto
che non avevo placato nemmeno la mia. Però speravo di averlo annoiato a
sufficienza da farlo desistere.
Invece no.
Secondo voi, in mezzo a quella
piazzetta - per fortuna poco affollata - in cosa può essere stata tramutata
quella P iniziale di Pan?
Ma che velocità! Avete capito
benissimo.
Anche Marco deve aver capito una
cosa importante: la grande differenza tra una P e una C. E non ho nemmeno
dovuto sprecare tante parole, è rimasto incenerito dallo sguardo della sua mamma.
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