mercoledì 22 gennaio 2014

Pugni in faccia e denti da chihuahua.


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Il fatto che un claim abbia senso logico, non garantisce che esso funzioni. (Bill Bernbach)
O anche…
3 cose che ho giurato di non dire mai a mio figlio. E che lui mi ha detto per primo.



1- Te lo dicono ancor prima di partorire: per essere un buon genitore non devi essere autoritario, ma autorevole. Non devi dare ordini, ma dare il buon esempio. A nessuno piace essere comandato, ma tutti amiamo seguire un buon leader.
Elementare quindi. Mica tanto.

La prima cosa da non dire mai è la frase su cui i nostri genitori hanno basato tutto il loro impianto educativo: “No, perché no!”
Brutta, inefficace e despota: già al corso pre-parto ti dicono di cancellarla dal vocabolario. E così ho cercato di fare.

Mi sono impegnata così tanto, che alla fine Marco mi ha preceduto.

Ieri al parco:

                       Io: Andiamo a casa che è tardi.
Marco: No, mamma Isa.
                        Io: Dai, scendi dallo scivolo e andiamo…
Marco: No, no.
                        Io: mantengo la calma, mantengo la calma… E perchè no?
Marco: No perché no. Mamma Isa. E basta.

Era nella mia pancia, ma non ha sentito niente di quella famosa lezione al corso pre-parto.


2- Altro tabu di cui la mia generazione non ha mai beneficiato più di tanto: i bambini non si picchiano mai. Per nessun motivo. Mai!

Un buffetto sul sedere? No.
Uno schiaffetto sulla mano? No, no.
Un colpetto per fargli capire che ha sbagliato? Nein!

Sono d’accordissimo, ma ho un dubbio: non è che tutte ‘ste regole le ha scritte chi di figli non ne ha? Perché, se è vero che spesso ti fanno commuovere con la loro dolcezza, a volte, i bambini sanno provocare più di un no-tav davanti a uno schieramento di polizia in assetto anti-sommossa.

Allora come si affronta un capriccio? Ti mordicchi un po’ le nocche, respiri profondamente, stringi forte un asciugamano tra i denti e cerchi di resistere all’irresistibile voglia di tirargli un calcio rotante alla Chuck Norris.

Poi, una sera, succede che sono tranquillamente al telefono, arriva Marco con aria serena. Si avvicina come niente fosse, e mi assesta due pugni in faccia. 
Adesso che si fa?
Gli chiedo con calma cosa sta facendo e lui serafico risponde: “Pugni in faccia a mamma Isa.”
E giù le risate.

Senza regole è tutto più semplice.


3- Un’altra cosa che ho letto su qualche libro di pedagogia è di non mordicchiare i nostri frugoletti. Anche se solo per gioco. Si dice, infatti, che questa pratica inneschi una catena di morsicate che, negli anni a venire, porta inevitabilmente qualcuno al pronto soccorso: la mamma, un compagno dell’asilo, la maestra, un malcapitato sul tram…

La regola è semplice: se non vuoi ritrovarti un figlio azzannatore, cerca di non morderlo tu per prima.

E anche in questo caso, la cosa sembra facile, ma poi tanto facile non è. Soprattutto per chi mette al mondo un figlio come il mio: un burrosissimo ammasso di cosciotte, guance, pieghe e pieghette, piedi paffuti e chiappette a forma di pandoro. Ma tanté, se non bisogna usare i denti, resisterò.

Ma ecco che, anche in questo caso, l’allievo ha superato la maestra. E di brutto.

Sto cucinando e sono tranquillamente sovrappensiero, quando all’improvviso sento una scossa sulle chiappe. Mi giro di scatto e sotto di me c’è Marco che, con la bocca ancora aperta, ride di gusto e mi dice: “Gnam, mamma Isa”.

Ora: che il mio sedere sia da mordere… lo prendo come un complimento. Ma il segno rosso sulle chiappe, come se mi avesse morso un chihuahua, quello no! 

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