giovedì 5 dicembre 2013

Un bel respiro.

-74


Non so quanti di voi frequentano le palestre.

A causa della mia totale mancanza di agonismo e competitività, ho abbandonato negli anni qualunque tipo di sport e mi sono ritrovata a frequentare questi luoghi con un tasso elevato di masochismo. Un incredibile masochismo, vissuto in solitudine.

L’unica cosa che riesco ancora ad apprezzare è che, alla sofferenza fisica, corrisponde un rilassante piattume cerebrale.
Così, mentre siamo tutti rivolti verso lo specchio con le nostre facce rosse e strizzate, come a una seduta plenaria sul water, ripenso a quello che il personal trainer continua a dirci:

“Ricordatevi di respirare.”

È vero: nei momenti di difficoltà, ci capita di entrare in apnea, dimenticando di fare la cosa che ci riesce più naturale. Respirare.

È quello che voglio fare oggi: tirare un lungo sospiro di sollievo. Dopo una giornata di apnea.




Mio padre, quello che avevo già descritto come un uomo tutto d’un pezzo, ieri era a pezzi sul serio: su un tavolo operatorio.

Lui che odia gli ospedali più dei cimiteri. Che, probabilmente, ha meno feeling con i dottori che con gli esattori, lui che ha tutte le sue idee sui lavori che dovrebbe fare una donna, è stato per più di 5 ore nelle mani di una chirurga. Donna, ovviamente. A volte, il destino si fa certe risate.

Dopo l’intervento, mentre la dottoressa dava a mia madre le indicazioni per poterlo vedere, io rivivevo quello stesso momento, dieci anni fa, in una situazione simile, dopo un’altra operazione e dopo un’altra apnea.

Mi vestono tutta di verde pisello, con cuffia e copri scarpe e mi fanno avvicinare a un letto, dietro a una tenda divisoria. Vedo mio padre, con un tubicino che gli esce dal naso, una mascherina trasparente e un numero imprecisato di cannette che entrano ed escono dal suo corpo. Lui è vigile e mi prende la mano, io gliela stringo a mia volta. Con l’altra mano si toglie la mascherina e mi fa cenno di avvicinare l’orecchio alla sua bocca. Con un filo di voce mi dice:

“Mi porti su l’asso?!”

Dopo ore di sala operatoria, lui si stava finalmente concedendo uno dei suoi solitari. Quelli che, da quando lo conosco, scandiscono le sue albe. Non aveva le carte, ma nella sua mente era tutto chiarissimo.
Alla fine, lui si era appena svegliato e cosa fa, sempre, quando si sveglia? Un bel solitario.



Bello tornare a respirare!



Nessun commento:

Posta un commento