Non so quanti di voi frequentano
le palestre.
A causa della mia totale
mancanza di agonismo e competitività, ho abbandonato negli anni qualunque tipo
di sport e mi sono ritrovata a frequentare questi luoghi con un tasso elevato di
masochismo. Un incredibile masochismo, vissuto in solitudine.
L’unica cosa che riesco ancora
ad apprezzare è che, alla sofferenza fisica, corrisponde un rilassante piattume
cerebrale.
Così, mentre siamo tutti rivolti
verso lo specchio con le nostre facce rosse e strizzate, come a una seduta
plenaria sul water, ripenso a quello che il personal trainer continua a dirci:
“Ricordatevi di respirare.”
È vero: nei momenti di
difficoltà, ci capita di entrare in apnea, dimenticando di fare la cosa che ci
riesce più naturale. Respirare.
È quello che voglio fare oggi: tirare
un lungo sospiro di sollievo. Dopo una giornata di apnea.
Mio padre, quello che avevo già
descritto come un uomo tutto d’un pezzo, ieri era a pezzi sul serio: su un
tavolo operatorio.
Lui che odia gli ospedali più
dei cimiteri. Che, probabilmente, ha meno feeling con i dottori che con gli
esattori, lui che ha tutte le sue idee sui lavori che dovrebbe fare una donna,
è stato per più di 5 ore nelle mani di una chirurga. Donna, ovviamente. A volte, il destino
si fa certe risate.
Dopo l’intervento, mentre la
dottoressa dava a mia madre le indicazioni per poterlo vedere, io rivivevo
quello stesso momento, dieci anni fa, in una situazione simile, dopo un’altra
operazione e dopo un’altra apnea.
Mi vestono tutta di verde
pisello, con cuffia e copri scarpe e mi fanno avvicinare a un letto, dietro a
una tenda divisoria. Vedo mio padre, con un tubicino che gli esce dal naso, una
mascherina trasparente e un numero imprecisato di cannette che entrano ed
escono dal suo corpo. Lui è vigile e mi prende la mano, io gliela stringo a mia
volta. Con l’altra mano si toglie la mascherina e mi fa cenno di avvicinare
l’orecchio alla sua bocca. Con un filo di voce mi dice:
“Mi porti su l’asso?!”
Dopo ore di sala operatoria, lui
si stava finalmente concedendo uno dei suoi solitari. Quelli che, da quando lo
conosco, scandiscono le sue albe. Non aveva le carte, ma nella sua mente era
tutto chiarissimo.
Alla fine, lui si era appena svegliato e cosa fa, sempre, quando si sveglia? Un bel solitario.
Alla fine, lui si era appena svegliato e cosa fa, sempre, quando si sveglia? Un bel solitario.
Bello tornare a respirare!
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