domenica 8 dicembre 2013

Sono sempre stata stonata.


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Dicono che sia l’olfatto il primo senso a richiamare i nostri ricordi. Poi viene la vista con la famosa memoria fotografica. Ma che dire dell’udito? Quando sentiamo un pezzo che ci catapulta a chilometri di distanza e anni luce nel tempo.
Tutti abbiamo un sottofondo musicale che scandisce la nostra vita. Sto parlando di quella colonna sonora, che può anche non piacerci affatto, ma che ormai fa parte di noi. 

Ecco: questa è la mia.



In viaggio con mamma. C’era una cassetta in macchina (di quelle che se mi capitavano in mano, il nastro finiva ovunque), mi sembra di essere ancora lì a canticchiare “non piangere salame dai capelli verderame” e pensare che, non solo esistevano salami con i capelli, ma anche di un colore così strano! e proprio non capire come fa, un tipo, a mangiare un fiore e confonderlo con l’amore in una “Domenica bestiale”. Successivamente, ho provato a mangiare un fiore e decisamente non aveva il sapore dell’amore.

Lambada. Se qualcuno inizia ad ancheggiare con gonnelline colorate sulle note di una musica brasiliana, nella mia mente si proietta solo un numero: 1989. Raramente un tormentone musicale si colloca così precisamente nel tempo. La Lambada è il 1989. Già nel 1990 era roba antica, superata. Sparita. Ci sono io, con lo stereo a tutto volume: labbra semiaperte, bacino sculettante e gambe in vista… mio padre non diceva nulla solo perché, considerata la refrattarietà tra sessi che vigeva a quell’età, le coppie di ballo erano tutte al femminile.

Mia madre e Claudio Baglioni. Un amore clandestino dei primi anni ’90: sono arrivata a pensare che avrebbe lasciato mio padre per seguirlo a Porta Portese. Quindi non è colpa mia se, nei miei tormenti amorosi, c’era in sottofondo il buon Claudio e la sua maglietta fina, sparata a bomba nelle cuffie del mio wolkman. In quel periodo, non si capiva mai se un amore era piccolo o grande, ma sulle dimensioni dell’inculata che ne seguiva non c’era mai nessun dubbio: gigantesca.

E arriva l’adolescenza. Ogni canzone ricordava una persona e ognuno di noi era la musica che ascoltava. Come se tutti volessero lasciare qualcosa da ricordare. La musica serviva per ballare, comunicare, incazzarsi, struggersi d’amore, struggersi ancora fin nelle viscere, e poi farlo di nuovo, sempre con la stessa canzone ascoltata all’infinito.
Di quegli anni ho delle istantanee: io che ballo, come taratolata, "Rhytm is a Dencer", perdo un grosso braccialetto (di conchiglie!) che arriva diretto in faccia a un poveraccio, che forse non ha più ascoltato gli Snap in vita sua.
Io, in spiaggia con l’immancabile walkman nelle orecchie, a cantare così forte "Ceeerte Noooottiiii", dimenandomi come un’anguilla, che qualcuno deve aver chiamato il bagnino per il primo caso di affogamento sul bagnasciuga.

La dichiaro Dottore. E si parte per il primo viaggio. Uno zaino pesante e tanta paura di perdermi. "Angel" di Shaggy. Thailandia 2001. Per me questo pezzo significa emancipazione e… un divertente ragazzo canadese.

Noi due (ancora per poco). Estate 2011, immagine di noi due in macchina verso le vacanze, le ultime come coppia. Panciona in bella vista e una canzone di Jovanotti storpiata solo per noi. “Lo spettacolo più bello dopo il Big Bang siamo noi… noi tre.” E Marco che faceva le capriole dentro di me. Adesso che lo conosco, so che stava ballando.

Pomeriggi piovosi. Autunno 2011. Pochi mesi dopo, non avevamo più tanto fiato per sgolarci e nemmeno troppa voglia di fare chiasso. La regola era una e ferrea: dormire. Quando si può, come si può e quanto si può. Ringrazio ogni giorno i Notturni di Chopin, che piacevano a Marco più di qualunque ninna nanna. Hanno scandito ogni nostro pomeriggio piovoso.

Se la matematica non è un’opinione. Per finire, un vero grazie va a tutti i 44 gatti in fila per 6, col resto di 2. Se potessi averli qui davanti, li bacerei tutti e 44, elargendo poi gustose crocchette. Ci sono viaggi che hanno raggiunto la loro destinazione solo grazie a loro… e ai due coccodrilli, un orangotango, due piccoli serpenti e pure l’aquila reale. Noè non sa che piacere ha fatto all’umanità, salvandoli dal famoso diluvio.
Quanti bambini accidentalmente dimenticati all’Autogrill ci sarebbero stati, senza di lui?

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