domenica 1 dicembre 2013

Nei panni di un bambino.


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Pensavo fosse dura mettere al mondo un figlio. Ma nessuno mi aveva detto che il difficile arriva dopo.

Perché la parte veramente dura di tutta la storia è riuscire a trattare i bambini come bambini. Sembra banale, ma non lo è. 
Ci riesce molto più semplice attribuire loro delle età a caso, di solito molto distanti da quella reale.

Al parco si aggirano dei piccoli Man in Black, con tanto di cappotto doppiopetto scuro e cravattino. Gli manca solo la ventiquattrore e l’auricolare e poi saremmo tutti nel paese di Biancaneve e i 7 broker. Va peggio per le bambine: vestite al limite della legalità, salgono le scale dello scivolo come neanche Wanda Osiris le scendeva.

Al contrario, ci sono bambini che sembrano ancora attaccati alle madri da un invisibile cordone ombelicale: “Non correre che poi cadi e ti fai male”.
Ma a 8 anni non è GIÀ caduto e non si è GIÀ fatto male?
Non bere così veloce - non mangiare troppo in fretta - cammina piano – mettiti il cappello – allacciati le scarpe – attento che scivoli…

Per questo dico che l’impegno più arduo per un genitore è trattare i figli per l’età che hanno.

E se nella vita è difficile. In pubblicità è praticamente impossibile.
I bambini sono spesso usati come piccoli testimonial della banalità, stereotipi  ambulanti che svendono sorrisi della durata di 30 secondi. Ecco perché, quando vedo qualcosa che parla di bambini in modo diverso, meglio di come faremmo noi mamme, mi entusiasmo sempre un po’.

Qualcuno ha nostalgia del solito "Lava più bianco"?






Evviva la sincerità con Meijer. Quando mai i bambini sono stati contenti dell'inizio della scuola o di mangiare un bel piatto di spinaci?

Anche Bernbach la pensava così: i bambini non hanno mai fatto salti di gioia alla fine delle vacanze.
"Siamo spiacenti di informarti che il tuo materiale scolastico è pronto da Ohrbach's".


I loro sorrisi restano impressi, anche se li possiamo solo immaginare.




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